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I 2 nemici della performance atletica

 

Ovviamente i nemici della performance atletica non sono soltanto 2, tuttavia oggi vorrei parlarvi in particolare di questi 2 atteggiamenti mentali:

- il circolo vizioso

- e le mentalità "quadrate"

 

IL CIRCOLO VIZIOSO DELLA SFIDUCIA

 

Facciamo un esempio, molto diffuso nel mondo dello sport, di come si innesca e si perpetua un “circolo vizioso”.

 

Pensiamo ad un atleta che ha poca fiducia nelle proprie capacità di raggiungere un obiettivo.

 

Di fronte ad una competizione, questo atleta, presumibilmente tenderà a parlarsi in negativo “tanto non ce la farò mai!” oppure “e se non ci riesco? Ci tengo molto e ci rimarrei malissimo”, “oggi non mi sento in forma, sento che andrà male!” e via dicendo su questa lunghezza d’onda…

 

Secondo il principio dell’Ideoplasia, ovvero la comprovata capacità che la mente possiede di produrre concreti effetti sul corpo e nella disposizione all’azione, l’atleta invierà ai suoi muscoli e a tutto il suo essere segnali di “non prontezza”, talvolta di malessere, influenzando anche il livello di attivazione che potrà divenire troppo alto (ansia pre- gara) o troppo basso (stato di apatia).

 

Insomma l’atleta che formula pensieri negativi indirizzerà tutto il suo corpo e la sua mente, probabilmente, a mettere in scena una pessima prestazione per poi dirsi “ecco, lo sapevo che non ce l’avrei fatta! “, “ecco, lo sapevo che sono un incapace!” confermando, ed alimentando, ulteriormente la sfiducia nelle proprie capacità.

 

 

 

IL MENTAL TRAINING COME PROMOTORE DEI CIRCOLI VIRTUOSI

 

Ma, ti starai domandando, è possibile disinnescare un circolo vizioso? Certo che si!

 

Come la mente crea circoli viziosi, che nuocciono alla performance, allo stesso modo può essere guidata dall’atleta nel creare ben più proficui CIRCOLI VIRTUOSI.

Riprendiamo l’esempio di prima, quello dell’atleta sfiduciato.

 

Se, di fronte ad una iniziale sfiducia nelle proprie capacità, l’atleta avesse formulato dei pensieri positivi “Voglio farcela! Ce la metterò tutta!” concentrandosi più sull’obiettivo di prestazione che non di risultato, probabilmente avrebbe inviato al suo corpo e alla sua mente dei messaggi di maggior prontezza, predisponendosi a dare fondo a tutte le sue capacità e risorse per fare una buona prestazione.

 

Il pensiero positivo, ed una gestione corretta del dialogo interno, consentono all’atleta di regolare anche il proprio livello di attivazione, prevenendo così l’insorgenza di ansia pre- gara.

Concentrandosi sull’obiettivo di prestazione, inoltre, se l’atleta si impegna al massimo delle sue possibilità è praticamente impossibile che non lo raggiunga e, come ben possiamo immaginare, ogni obiettivo raggiunto rafforza la percezione di fiducia nelle proprie capacità.

 

Questo si chiama “circolo virtuoso”: partiti da una iniziale condizione di sfiducia l’atleta, utilizzando delle tecniche di mental training (pensiero positivo e gestione del dialogo interno), riesce a modificare il proprio atteggiamento mentale in funzione di una migliore performance.

 

 

SMUSSARE GLI ANGOLI DELLE MENTI QUADRATE

 

Veniamo ora ad un altro atteggiamento mentale che, in certi casi, se estremizzato può nuocere gravemente alla performance: “le menti quadrate”.

 

Con questo termine mi riferisco ad una mentalità che, nel portare avanti la preparazione atletica e nell’affrontare le competizioni, si basa esclusivamente sull’analisi di dati numerici escludendo, e non curando, altre componenti importanti nella preparazione fisica ovvero tutto ciò che appartiene al mentale ed al campo delle emozioni.

 

Portare avanti una preparazione, porsi degli obiettivi, analizzare le ottime prestazioni e le pessime prestazioni, senza prendere in considerazione in tutto ciò il ruolo giocato dalla mente limita l’atleta nel raggiungimento delle sue potenzialità e nella possibilità di accedere alle risorse interiori, come l’extra power ad esempio (per approfondimenti su cosa si intende per extra power vedi qui https://www.youtube.com/watch?v=dCSRWigurWQ).

 

Certe performance “i numeri” non le sanno spiegare!

 

Basandosi esclusivamente sull’analisi dei dati non si riesce a cogliere completamente cosa ha reso possibile un’ottima performance, o una pessima prestazione, perché mentre il corpo è impegnato nella prestazione la mente viaggia ed è dentro a quel viaggio che si nascondono i veri “interruttori” della performance d’eccellenza.

 

L’invito pertanto, amico atleta, è quello di investire un po’ di più sull’esplorazione di te stesso, sulla conoscenza di quei meccanismi che, nella tua mente, guidano la prestazione al fine di imparare ad utilizzarli a tuo vantaggio.

 

 

Per maggiori informazioni sui miei percorsi di mental training scrivimi una mail ad info@claudiamaffi.it